Immobile, seduto sul ripiano sopra al lavandino
osservo il mondo intorno, fatto di sguardi, piccoli gesti, parole urlate, sussurrate,
a volte solo pensate.
Finita la cena
Sono sempre l’ultimo a lasciare la tavola,
in attesa perenne di labbra assetate.
Di umore pieno tanto quanto richiesto da chi mi prende.
Spesso, vuoto, giaccio a testa in giù, a svuotarmi completamente.
Pronto ad ogni richiamo, rapito da mani avide che svelte prendono da me ciò che serve,
per poi posarmi lì, ad attendere.
A volte osservo occhi colmi d’amore e mani intrecciate.
Altre resto solo, nel silenzio della notte, a vegliare sogni altrui.
Mani bambine mi rapiscono e con una giravolta mi svuotano, sento le loro urla e risate nel caldo dei pomeriggi estivi.
Dita incerte mi tengono stretto nelle notti d’inverno e posso sentire acqua salata che mi tocca i bordi, che si mischia al ristoro caldo che contengo.
Sostengo, con partecipazione, l’umore di chi mi circonda.
Quasi me ne nutro, pronto a restituire quanto concesso.
So contenere la trasparenza più candida e neutrale, trattenere il rosso rubino o il giallo del grano e del sole.
Tengo stretta la dolcezza e l’amarezza con la stessa forza, dando loro uguale importanza.
Non importa come sono fatto, il mio aspetto.
Importa sempre e solo come vengo percepito
Se mezzo pieno
O mezzo vuoto.