Notte d’estate…

Stanze di legno e pietra, quadri appesi che magicamente cambiano forma e aspetto. Si trasformano come a mostrare un’anima nascosta, modificando improvvisamente le emozioni trasmesse.

Dipinge un mondo sfaccettato, mutevole, nel vero senso della parola. Un fiore si fa incudine, un gatto si fa lupo rabbioso, gli oggetti si scompongono nei mille frammenti della loro anima nascosta.
Si aggira per queste stanze, ricche di entrate e uscite, passaggi minuscoli, finestre aperte, scale di legno e gradini. Lui e i suoi occhi fanciullescamente grandi, sicuri, leggermente malinconici a tratti insicuri. Un’insicurezza tenuta a bada da un sorriso sornione. Una spavalderia leggera che controlla il tremolio dei pensieri.
Si muove in questo luogo, tra i suoi quadri, come se sapesse perfettamente di aver fatto un ottimo lavoro.
Ad ogni trasformazione delle sue opere, lo sguardo di sorpresa di chi gli sta intorno, lo rende orgoglioso, sempre più certo di aver fatto la cosa giusta, di conoscere la sua strada. Questo lo rende spavaldo, a tratti sbruffone sicuro di avere il mondo in pugno, di poter fare davvero ciò che vuole, di qualsiasi cosa, di chiunque. Eppure ha sempre negli occhi neri una luce del “forse”, del “chissà”.
Parla poco, sempre sorridendo, con aria di falsa sicurezza, pochi sono i pensieri che riesce a regalare a chi gli sta di fronte.
Non ci sono  molte persone ed è come se dovessero conoscersi tutti. Eppure no.
Lei ha piedi nudi e sente la pietra sotto la pelle, fresca e ruvida.
E’ ormai sera e anche se il sole da settimane non dà tregua, venire qua in pantaloncini e maglietta non è stata la scelta migliore. Questa casa, dai muri vecchi e spessi non ha trattenuto molto del calore del giorno ma si fa luna argentea, appena il sole cala dietro la collina.
Odore di pietra e legno bruciato, di umido e terra, di erba tagliata e cespugli di lavanda.
Gira da sola per queste stanze, percorre ogni gradino che incontra e accarezza ogni spigolo, ogni muro, ogni ripiano, come se fosse già stata qui altre volte, come dovesse ricordare qualcosa.
Ogni volta che raggiunge un angolo lo ritrova lì, a salutare, sorridere per poi andar via, proseguendo il suo tempo, la sua serata.
Un piede sull’ultimo gradino che porta alla stanza più in alto, di questa casa che pare uscita da un quadro di Escher. Gira l’angolo e nel buio di quella sera che ormai s’è fatta notte vede l’ultimo dipinto: una copia de “Il maestro di scuola” di Magritte ma con un cielo da notte inoltrata.
Improvvisamente il quadro si trasforma sotto i suoi occhi rivelando un mucchio di mostriciattoli, esseri informi, dalle bocche fameliche e spalancate. Sono minuscoli, per nulla terrificanti ma al contempo inquietanti e uno incastrato nell’altro danno forma a quella che era la figura umana della visione precedente.
Rimane senza parole, bocca e occhi aumentano la loro ampiezza e la voce si nasconde infondo alla gola, anzi un po’ più in giù, tra polmoni e cuore.
Sente questo cambiamento improvviso come fosse una rivelazione carica di malinconia e dolcezza.
Sente una mano appoggiarsi sicura alla fine della schiena, vede il sorriso furbo di lui tentare di prendersi gioco del momento.

Lei gli prende la mano e come fosse una sciarpa avvolge il braccio intorno alle spalle, avvicinandosi e appoggiando la testa a sentirgli il cuore e lì si ferma.
E mi sveglio.

( credo di averla già inserita… ma la trovo incantevole…)

se le stagioni sono quattro c’è un motivo, credo di averne persa qualcuna per strada…

C’è un momento per ogni cosa

un tempo buono per essere com’è giusto che sia…

C’è il momento dell’ allegria nonostante tutto,

il sole e il cielo limpido richiamano alla voglia di fare, di non mollare, di cercare sempre e comunque un motivo per andare avanti, con la bocca a sorriso, anche se appena accennato. La luce e il calore delle giornate estive richiamano questo: energia da raschiare dove meno l’aspetti, tirarla fuori perché pare un tempo buono per fare, aprire le spalle e occhi ad aria nuova…

C’è il tempo della calma, del rallentare,

riprendere contatto con anima e pensieri, col passo lento del perdono, per te, per quello che vorresti, quello che non sei riuscita a fare e quello che proprio non vorresti toccare… E’ un tempo sospeso, tra l’energia che si sposta dai piedi e dalle mani verso il cuore e i pensieri. Sono giorni alternati tra il fare e il pensare, tra la vita e i sogni. Giorni in cui ti chiudi in casa ma non al mondo, in cui riprendi in mano il tuo nido, lo rimetti in sesto, ti ci accoccoli come i gatti sul cuscino… e come i gatti resti pronta allo scatto, allo slancio…

C’è il momento degli occhi al di là dal vetro,

torna la luce ma non è accecante, l’aria ancora fresca sveglia e scuote ma permette ancora di rintanarti sotto la tua coperta. I pensieri si aprono verso un più in là nuovo, l’energia rinasce e dalla mente passa alla bocca, scivola tra le mani. Sono giorni di nuovi sentimenti verso il tuo tempo, a piccoli passi come fanno i germogli sugli alberi e i primi fiori in giardino… E’ il tempo del forse, del magari e del chissà, del non si sa cosa accadrà ma ci proviamo…

Ma c’è anche il momento del non ne ho voglia, non mi lamento ma vorrei fermarmi,

il tempo della resa, perché non è sempre e solo necessario lottare, a volte le energie sono al minimo ed è giusto ammetterlo e stare ferma. Il tempo del dormire, del guadare il soffitto, senza pensieri che corrono tra le tempie come criceti impazziti sulla ruota sghemba… il momento di chiudere gli occhi e poter rispondere a cuor leggero, alla domanda di rito ” come stai?” con un bel sincero e onesto : ” non va bene ma non preoccupatevi, lasciatemi qui… poi passa”. Perché poi passa sempre ma bisogna scavalcarlo quel muretto e non necessariamente con un salto alla OlioCuore… è un sacrosanto diritto non avere voglia, non sentirsi bene e non avere intenzione di recuperare energie per andare oltre alla velocità della luce.

… certo che se questo maledetto inverno si traveste da primavera ogni tre secondi non è facile restare arrotolata sul divano sotto una coperta spessa un palmo, quando fuori c’è il sole che richiama ad una vita che oggi non assomiglia affatto alla tua… per rinascere bisogna in qualche modo un po’ morire… e questo tempo farlocco mi pare un accanimento terapeutico!

di piediballerini, polvere alzata, braccia al cielo, tre ore di sonno e tanta tanta bellezza…

E’ un’estate complicata questa,

come andare in altalena ma con la base non in piano

con una corda più lunga dell’altra

Sembra di poter cadere da un momento all’altro

e dondoli, piano ma dondoli

perché l’altalena è una cosa meravigliosa e non puoi perdertela

perché quel movimento culla testa e pensieri

Il continuo salire e scendere,

guardare la terra senza dimenticare il cielo

mani strette alla fune, piedi a penzoloni e aria sul viso

Rischi lo sbando con un’altalena storta, più spesso di quanto potevi immaginare

A volte sbatti i piedi contro il tronco dell’albero

in altri momenti le spalle, perché inizi a girare girare e girare perdendo il controllo

Vorresti scendere ma per fermare quel dondolio ci vuole del tempo,

resti in balìa di quel vortice che annebbia i pensieri e blocca il cuore, che strozza il fiato in gola e gonfia gli occhi

ma se non ti fai prendere dalla paura, quando il movimento si fa più lento

capita che il corpo si muova da solo, schiena e testa all’indietro e piedi in avanti

a cercare quel filo che unisce ieri con oggi, passando per un chissà o un magari

e a volte questo è quanto basta per continuare

perché nonostante tutto resti comunque sempre viva e pazza di gioia!