…attendere prego…

 

Seduta sullo sgabello di metallo e finta pelle verde, comprato nel mercatino vintage della città, appesa a quella cornetta, aspetta.
Da minuti che paiono ore, con Fly me to the moon nelle orecchie. Persa tra quelle note canticchia e tenta di calmare l’emozione. Da mesi cercava quel numero e una volta trovato c’ha messo settimane a prendere il coraggio per chiamare. Le dovrebbero passare la persona che l’ha contattata tempo indietro per un lavoro, quello che sogna da una vita. Il sogno che continua ad inseguire, di sera, quando nessuno può vederla, quando nessuno se l’immagina. Frank smette di cantare! ci siamo! Attendere prego… un sospiro, appoggia i gomiti al mobile del corridoio facendosi curva come una chiocciola sotto la foglia. Lenta risale contro lo schienale di metallo arrugginito, i piedi si lasciano andare ad un dondolio di sconforto e scivola, lentamente, fino a toccare a terra. E’ ormai 35 minuti e 28 secondi, no 29, no 30… comunque è già un sacco di tempo che sta lì! Let me play among the stars… Attendere prego… hold my hand… Attendere prego… DRIIIN!!!. Il campanello suona con insistenza. Per raggiungerlo e rispondere deve spostarsi e lasciare la cornetta sul mobile. Prova a far finta di non essere in casa, maledicendo la sua mania per le cose vecchie e il giorno che ha recuperato quel telefono grigio che pare quello della linea protetta dei telefilm anni ’80. Veloce scatta dalla sedia alla porta, solleva la cornetta del citofono… ” scusi, è suo il cane che c’è qui per strada?”, “IO NON HO UN CANE” scandisce le parole con una tale durezza nella voce che l’essere dall’altra parte urla “mi scusi” come se stesse scappando. Torna al telefono… TUTUTUTUTU…. hanno riagganciato. Aspetterà ancora un po’ il suo sogno.

Torna a casa, entra dal portone del palazzo. Passando accanto alla buca delle lettere la vede piena, cerca le chiavi nella borsa e raccoglie le sue buste. Saltella per le scale fino alla sua porta. Entra in casa, posa la borsa all’angolo del pavimento tra la cucina e l’ingresso, ne esce il mondo: è sempre troppo piena! Oggi c’è un bel sole e un po’ di venticello, l’ideale per far prendere aria alla casa. Si sposta per le camere ad aprire le finestre, controllando le buste recuperate nell’androne: pubblicità, bolletta, pubblicità, pubblicità, bolletta, pubblicità, pubblicità… lettera!              Ha risposto! Ha un’amica che non sta nella sua stessa città, non è molto distante, ogni tanto riescono a vedersi ma non tanto quanto vorrebbero. Si scrivono quotidianamente su uozzap ma un giorno le ha chiesto l’indirizzo, aveva voglia di scrivere su carta, di provare l’ebrezza di spedire una lettera scritta a mano e così ha fatto. Voleva riassaporare quell’attesa, di quando sai che qualcosa sta per arrivare ma non puoi sapere quando. Voleva quella sorpresa lì. Accende lo stereo, il piatto gira, scarta il vinile e la voce calda di TomWaits inizia a cantare, si avvicina alla finestra e una manata di corrente le strappa i fogli di mano che prendono la via verso il ponte al di là della strada. Le scriverà un uozzap per avvisarla e le toccherà aspettare ancora un po’ per una sorpresa così…

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Seduto al tavolo della cucina, ha appena finito la cena, il telefono appoggiato sulla sua sinistra, vicino alla bottiglia di birra. Non sa decidersi a chiamarla, aspetterà ancora un po’, il tempo di togliere le cose dalla tavola e con calma, dal divano, bello comodo la chiamerà. E se non dovesse rispondere? Affiorano i primi dubbi. Figuriamoci, è sempre lì che aspetta, dice sempre che prima o poi si stuferà ma tanto sta sempre lì. In televisione sta iniziando il suo telefilm, crimini, pistole, macchine furiose e cazzotti, alla prima pubblicità la chiamo. Si sveglia che la notte sta per salutare il giorno, un piede giù dal divano e la bottiglia di birra sul tavolino. Uno sguardo al telefono, nessun messaggio, nessuna chiamata persa. La chiamo domani. Aspetterà. Aspetterà?

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“Ti dispiace se stasera esco? ma non faccio tardi”                                                                                                                            ” Ok, tranquillo. Io ho delle cose da fare, se non fai tardi ti aspetto altrimenti ci vediamo poi domani” .                           Si corica sul divano, lampada accesa, libro tra le mani e tele posizionata su un documentario su Mondrian. L’arte che prende forma nella vita, la vita che si fa arte. E aspetta. Spera arrivi presto, questa volta. la notte prende il sopravvento, si sveglia a metà di questa. Il silenzio intorno, dal telefono nessun cenno di avviso. Spegne tutto e si avvia verso le scale. La camera, il letto per l’ennesima volta vuoto. Uno sguardo al piccolo che dorme tranquillo nella sua camera.Si corica e chiude gli occhi. E aspetta. Mentre ascolta la notte fuori, a cercare un cenno di rumore, la macchina, il cancello. Niente. E aspetta, ancora, fino a quando gli occhi si arrendono. nel sogno un rumore la sveglia, scende le scale. Niente. Torna a dormire. E aspetta. Quando suona la sveglia, non la sua, lui si alza, a fatica.               “… è ora, vado”. Ad occhi chiusi accenna ad un buongiorno, si gira e aspetta che sia di nuovo sera.

 

 

24 pensieri su “…attendere prego…

  1. Belle foto! – l’ultima sa di goccia che corrode la roccia, sempre lì, sempre lo stesso plinc plinc. Una tortura. (Ho l’impressione che non ci sia niente di inventato in questo – purtroppo)
    ‘notte e ogni bene

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  2. attendere mi logora, io sono più il tipo che scende di corsa e va a prendersi quello di cui ha bisogno !! qualunque cosa sia e quando proprio non posso attendo, attendo, attendo, mi mummifico e poi niente….. a volte il tempo scade 😉

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