fine serata…

L’ora di chiusura è arrivata.

La osservo andare avanti e indietro per questo locale vuoto a sistemare le ultime cose. Ha il passo ancora veloce della serata, delle corse tra i tavoli ma sembra poco per volta rallentare e riprendere fiato. Mi son nascosto sulla piccola mongolfiera di terracotta appesa al soffitto, subito di lato alla zona bancone, un oggetto che adora da sempre e ogni sera scherza dicendo che prima o poi se la porterà via.
Alza le ultime sedie girandole a testa in giù sui tavoli e sulla mensola al centro dell’ingresso. Dal quadro elettrico stacca l’amplificazione nelle varie sale, nessuna voce può coprire la sua musica ora,scorre la sua playlist personale e la fa partire. Apre il cassetto di legno sotto la macchina del caffè, sceglie con cura lo strofinaccio che le serve. Gli altri prendono il primo che viene loro offerto, lei no. Non tutti vanno bene per asciugare piatti e bicchieri. Alcuni le danno proprio sui nervi con quel vizio che hanno di lasciare pelucchi sparsi, di asciugare per finta, lasciando aloni inguardabili sul vetro dei boccali. Quello a quadretti blu e verdi andrà benissimo. Se lo lancia sulla spalla sinistra e si avvicina alla lavastoviglie, che piano piano sta smettendo di girare. Apre lo sportello, vapore che esce e le offusca gli occhiali come nebbia di pianura, raccoglie il cestello, sempre pienissimo ma ormai le sue spalle sono abituate. TOK! sul piano del lavandino e via. Si appoggia al mobile e inizia quel lavoro, ripetitivo e rilassante di fine serata: in una mano il bicchiere caldo e nell’altra lo strofinaccio, una parte avvolge il bicchiere dal fondo e un lembo ci si intrufola per asciugare l’interno, giro di mani veloce ma non troppo e via. Di nuovo a posto e sulla mensola giusta. Fuori piove già da qualche ora con quella cadenza che sembra dire ” me la prendo con calma, la terra ha bisogno, ci metterò un po’ a chiudere” ma ora che dentro non c’è più il vociare umano a far da barriera sembra un temporale improvviso. Le temperature si sono abbassate, com’è normale a fine settembre in questa terra di campi stretti tra colline e montagne, di vento improvviso che punta al mare ma si ferma tra le file di mais. La vedo immersa nei suoi pensieri, ogni tanto sorride e poi un velo di malinconia le fa abbassare gli occhi. All’improvviso una folata di vento, schiocco le dita, la porta d’ingresso si apre, alza veloce gli occhi e la sento sussurrare “no, perché mi dimentico sempre di chiudere bene ?”

“Me la fai ancora una birra?” entra con il passo lento di chi sta arrivando alla fine della serata ma ha ancora voglia di un momento di calma. ” sì ma siamo chiusi, quindi piccola altrimenti mi fai andare a casa che s’è alzato il sole” sorride lei mentre pensa che forse va anche bene dimenticare qualcosa ogni tanto. Prende uno dei bicchieri dalla mensola, lo rinfresca sotto lo spillatore e inizia a far scendere il nettare ambrato che sa piacere al suo ultimo ospite della serata. La schiuma riempie metà del vetro, lo posa e mentre la birra riposa cambiando consistenza e colore prende una ciotola pulita da dietro il bancone e ci fa cadere dentro una manciata di patatine.” hai per cas…” non fa in tempo a finire la frase che lei fa scivolare la ciotola davanti ai suoi occhi, passando attraverso gli spillatori. Lui ne pesa il contenuto con uno sguardo ” non hai due noccioline?”  ” non è un circo, non ci sono elefanti qua” sorride lei pronta. Si sorridono e lei riprende in mano il bicchiere per finire il lavoro iniziato poco fa. Prende con cura un sottobicchiere di cartone e posiziona il tutto dall’altra parte del bancone. Lui raccoglie il bicchiere che viene completamente abbracciato da quelle mani grandi, lo porta alla bocca e ne beve una bella sorsata. La schiuma gli disegna due baffi sotto al naso e questo la fa sempre ridere, come quando vede qualcuno, specialmente un adulto, sporco di gelato intorno alla bocca.” Com’è andata stasera?”” al solito, tutto pieno fino all’una. Un via vai di vita e noia, qualche risata, qualche essere fastidioso accompagnato delicatamente alla porta, qualche discussione animata tenuta a freno alzando improvvisamente la musica. Anche stasera nessuno s’è fatto male, per fortuna. E a te? com’è andata?”” Bene, senza arte ne parte. Un paio di birre in giro, due passi per il centro e adesso qua a godermi le mie ultime non-noccioline della serata. Sei sempre tu a chiudere, ogni volta, non li fate i turni?”” Tanto non ho altro da fare, gli altri avevano tutti impegni e incontri a fine serata. Poi mi piace questo momento, mi godo la mia musica senza inutili e allucinanti richieste manco fosse una discoteca o una festa di paese, il silenzio tra i bicchieri. Mi rilassa e calma, scende l’adrenalina della serata, di corse tra i tavoli e ordinazioni urlate come fossimo sempre al servizio del primo che alza la voce. Poi finalmente posso fumare in santa pace”. Prende il pacchetto dalla mensola sopra al bancone, sfilandolo da in mezzo alle bottiglie di rum. Lo apre e con i denti tira fuori una sigaretta, lo richiude con un dito e lo tira in direzione dell’amico che alza semplicemente la mano afferrandolo al volo. Nel tempo in cui il pacchetto ha volato oltre il bancone lei s’è accesa la sua sigaretta e ha fatto partire anche l’accendino, che arriva perfettamente nell’altra mano appoggiata accanto alla birra.” Giocolieri! ” esulta lei facendo un saltello sul retro e scoppiando a ridere.” Sei stata lenta, precisa ma lenta” commenta lui senza scomporsi ma accennando ad un sorriso ” e poi… non è un circo” chiude lui guardando la sua birra e ridendo.”Touché” risponde porgendogli direttamente la latta delle noccioline salate, con un sorriso rilassato. Uscendo dal bancone si sposta verso il quadro elettrico generale e stacca le ultime luci ancora accese in giro per il locale. Rimane il retro del bancone illuminato in quel modo così malinconico che la incanta ogni sera. Prepara una birra per sé e si sposta sullo sgabello di fianco all’amico. La confidenza tra i due le permette di allungare le gambe e appoggiarle su quelle di lui che, abituato a quel gesto, si gira leggermente per farle spazio e renderle semplice la sistemazione.Appoggiate le rispettive schiene, portano alla bocca ognuno il proprio bicchiere, si sfiorano con lo sguardo. E’ lei ad interrompere il silenzio ” allora come stai? è un po’ che non ci vediamo in carne ed ossa per più di tre minuti…”Ancora un sorso di birra, un bel respiro e un ” Bene” esce dalle labbra, quasi trattenuto e poi sfuggito, guardando la mano sulle caviglie di lei.” Racconta su, adesso sono comoda, posso anche decidere di aspettare il sole”

Mentre osservo le loro mani gesticolare, i loro sguardi rilassarsi e le chiacchiere fluire leggere, scendo dal mio nascondiglio, come l’aria entrata scherzosamente dalla finestra della cucina scivolo in direzione della cantina. Quello che avevo voglia di fare l’ho fatto.

https://www.youtube.com/watch?v=6QMp1dEXijQ

Di rabbia condivisa e toppe da mettere.

Sono distratta e maldestra e negli anni non conto più quante cose mi si sono rotte tra le mani.

Alcune tazze le ho incollate e ne ho fatto dei vasetti, lo stesso con dei bicchieri. I piatti spesso son diventati passaggi leggeri in mezzo al giardino.

Mi taglio e mi faccio male in continuazione, fortunatamente nulla che un po’ di disinfettante e un cerotto, oppure un po’ di pomata all’arnica, non possano rimettere in sesto.

Quando Mini rompe qualcosa, giochi, quaderni, libri, ogni volta è una sfida ma in un modo o nell’altro i pezzi insieme li rimettiamo. Questo piccolo cavaliere Jedi ha un armadio di pantaloni con toppe alle ginocchia. A volte di toppe sulle toppe, perché fin dalla più tenera età siamo recidivi a cadute, scivolate e sfregamenti a terra, nonostante il dolore, perché impariamo che un ginocchio sbucciato non causa la morte di per sé.

Ma con un cuore rotto? Come si fa?

Ti sembra di avere un pulcino tra le mani, tremante e spaventato e nessuna parola buona può alleviare il dolore.

E’ straziante perché il tuo è già passato per quelle strade molte volte… ed è una sensazione che conosci bene.

E’ morto mille volte almeno, il mio cuore. Ha vissuto addirittura morendo, covando la morte in sè,

se l’è tenuta attaccata, ben stretta, senza distinguerla, ed è morto cento volte al giorno.

E’ la vita… ma è certo, non si muore tutte le mattine, si muore una volta sola. ( Vinicio C.)

Sai che non morirà, resterà ammaccato ma ricomincerà a pulsare, ne sei sicura.                  (esattamente come le ginocchia e i pantaloni di cui sopra)

Intanto quel dolore fa male come se in parte fosse tuo.

Se ci pensi bene almeno un pezzetto lo è.

Se quel cuore si sente rotto, se quello stomaco piange, se quella testa ora è piena di pensieri incontrollati e melmosi forse un briciolo di responsabilità è anche tua.

Che non hai ascoltato le tue sensazioni quando ti sembrava di avere di fianco le persone sbagliate (per te), quando non hai insistito, per colpa di un vaffanculo ben assestato che poteva raggiungerti, nel cercare di capire e sostenere nel modo giusto chi rischiava di farsi male, quando hai pensato di non essere abbastanza forte per intervenire e farti scudo. Quando semplicemente hai pensato di essere tu quella sbagliata.

Allora riprendi in mano le altre sensazioni, le migliori che hai avuto insieme a quelle più scure, che non ti hanno mai abbandonata e che ora vuoi rivolgere a chi hai sempre percepito essere un animo buono e da sostenere, anche quando stava dall’altra parte del mondo.

Bisogna usare quella rabbia che ti ritrovi tra le mani, accartocciarla  e farne altro, tipo uno zaino, una borsa di stoffa colorata o un cesto di vimini, per portarsi in giro un po’ del dolore dell’altro, senza sconti.

“Te ne prendo un pezzo e tu avrai il tempo necessario a digerirlo poco per volta e mentre lo porto con me tu lo guarderai da più lontano e darai a quel dolore il colore e l’importanza che merita. Non troppa e nemmeno troppo poca. Il giusto, per masticarlo e scartarlo. Mi metto al tuo fianco ( e so per certo non essere la sola) come Sancho Panza con Don Chisciotte, fosse anche a cavalcioni di un opossum, non importa”

Un cuore rotto, in fondo non si ripara. Forse perché non è davvero rotto ma solo ammaccato, lussato, graffiato. Brucia così tanto proprio perché funziona ancora e molto bene.

Mi sa che questo devono fare gli amici: aiutare a prendere quello che c’è per  farne altro, ogni volta, in ogni situazione e ancora di più nei momenti difficili.

Un cuore rotto si può solo rattoppare. Non torna quello di prima, cambia aspetto e non è detto sia un male.

Bisogna trovare le toppe giuste, che siano colorate e divertenti. Che lascino spazio alle ferite per guarire, senza ostruire il passaggio ai batteri, che si secchino sulla strada verso l’uscita, com’è giusto che sia.

Toppe che siano meraviglia e degne di nota, in quanto uniche e splendenti.

” Forza Tati, tira fuori ago e filo, presto!”.

 

 

“Le poche parole lanciate nel mucchio, sassate su specchio che crepan silenzi o timidi assensi col cenno del capo..” (M.Gazzè)

Si conoscono da tanto.

Frequentano lo stesso gruppo di amici.
Le loro vite, parecchio differenti, li porta a non vedersi spesso.

Ciclicamente tornano.
Una cena, un concerto, un caffè la domenica mattina, una serata al pub.
Gli sguardi si incrociano, i sorrisi si sciolgono nei bicchieri e le parole scivolano leggere.
Si osservano, sempre un po’ di nascosto.

Spesso si guardano e semplicemente sorridono, in silenzio.

Si ride, si scherza. Mezze parole, sussurrate, scritte. Pensate.

E tutto resta sospeso, in un tempo inesistente, nel vento come pensieri nascosti.

Come abbracci rubati e  baci negati.

Nonostante il tempo, nonostante i chilometri, gli stessi sorrisi, le stesse risate… la stessa inconfondibile Bellezza.

Un giorno intenso

arrivato dopo un altro estremamente pesante,

trascorso in gabbia, tra testa pesante e cuore stanco.

Un giorno di sole e di abbracci sinceri.

Di parole semplici al gusto di pizza, birra, caffè e profiterole.

Un giorno dall’aria frizzante e dal cielo libero, dal sole caldo e dalle nuvole birichine.

Un luogo del cuore, dal quale me ne vado sempre con difficoltà anche se so che ci ritornerò presto.

Una casa in mezzo alle colline, tra vigne e alberi da frutto, nocciole e boschetti che resistono, nonostante l’uomo.

Dove il silenzio regna felice, il sole scalda i muri di casa per entrarci dentro e farsi lampada, la sera, per continuare a scaldare i cuori intorno al tavolo, sul divano e in piedi con un bicchiere in mano.

Un luogo che mi fa mettere da parte i pensieri, il nervoso, la tristezza e la malinconia.

Dove tutto ciò che sono viene fuori e si fa sentire, viene preso, abbracciato, accolto con sorrisi e parole buone e sincere.

Un giorno meraviglia.

Di sorrisi mai dimenticati.

Di braccia lontane che tengono nelle pieghe tutto il tempo trascorso altrove

per poi ridonartelo a piene mani come fossero sempre state lì.

tramonto-torre tramonto-alberi

 

 

 

nei panni degli altri..

Qualche giorno fa ero da una cara amica per un pranzetto insieme (ci conosciamo e frequentiamo da quando abbiamo tre anni… più che un’amica è una sorella), ad un certo punto se ne esce con:

“Tati, guarda questi pantaloni… li useresti? se vuoi te li do, io alla fine li uso poco”.

Capita spesso e non solo con lei, da sempre. Ho un armadio in condivisione, con chi ne ha bisogno… presto e ricevo in prestito indumenti di vario genere: per occasioni speciali o anche solo per piacere improvviso.

E’ un’abitudine che probabilmente risale al fatto di essere la sorella piccola, quella che usa i vestiti smessi; l’ho sempre fatto e non ho mai subito la cosa, non so dire se per venerazione nei confronti di una sorella più grande o per pigrizia nell’acquistare indumenti, molto probabilmente per entrambi i motivi.

Capita quindi di trovare nell’armadio una maglia che in realtà appartiene ad un’amica, così come succede di ritrovarsi ad una cena e riconoscere il mio golfino sulle spalle di un’altra.

Ricordo l’ultima gita del liceo, dieci giorni a Parigi… avevo un amico, era per me come un fratello minore, invidioso che la sua classe non fosse stata inserita nella gita. Il giorno prima di partire gli ho detto :” Diò, dammi una maglietta tua… la porto con me, così ti faccio fare un giro a Parigi” e così è stato. Come il nano di Amélie la sua maglietta ha respirato l’aria di Montmartre, di Belleville, ha visto Notre Dame e les Champs-Elyseés, ha respirato i profumi del quartiere latino… ha fatto festa con tutti noi e passeggiato per i vicoli stretti del centro… lo so, pare una sciocchezza eppure a me sembrava di averlo intorno a sparare cazzate e a meravigliarsi di fronte alle opere che io avevo la fortuna di vedere.

Mi piace il profumo delle persone, non parlo di quelli che ci si mette dopo la doccia, il bagno, per uscire tra la gente… parlo dell’odore della pelle, quello che nessun profumo potrà mai copiare, quello unico di ognuno di noi e per me, per quanto ci si possa spruzzare profumi ricercati, sugli indumenti rimane sempre quel profumo lì…

Ed è quello che sento quando indosso l’indumento di qualcun’altro… perché è quello che mi entra nel cuore quando abbraccio…

Quando mia nonna è morta tre anni fa, la zia ha chiesto a me e a mia sorella se volevamo tenere qualcosa dal suo armadio, il resto lo avrebbe regalato: ecco… pochissima roba è stata data via. Ho i suoi guanti, le sue sciarpe, i suoi gonnelloni di lana, un po’ di maglioni, un pile che uso in casa perché veramente inguardabile ( un briciolo di dignità la conservo, anche se non amo fare shopping, non indosso la qualsiasi..). Ogni volta che indosso uno di questi abiti, nonostante i numerosi lavaggi… sento il suo profumo e lei pare essere lì, con me… e non so spiegare come mai, mi ritrovo anche un po’ ad imitarne i gesti… la necessità del fazzoletto di stoffa  e di due caramelle all’eucalipto in tasca…

Indossare abiti altrui è un po’ come portare con me la persona in questione, come tenerla stretta quando è lontana, respirarla  e farla passeggiare nel mio mondo

Entrare nei suoi abiti è un bell’esercizio per sentirne e comprenderne i modi, una maglia stretta ti fa comprendere la rigidità delle spalle, una felpa comoda ti fa capire la rilassatezza nei movimenti…

Infine… credo che addormentarsi con la maglia di qualcuno addosso sia una delle cose che più fa sorridere quando si scivola nel mondo dei sogni…